Prima di proseguire debbo premettere che ho una visione di parte, rivestendo una carica in una istituzione che amministra a livello locale procedimenti arbitrali: credo nelle possibilità di crescita della giustizia privata e, soprattutto, nelle opportunità che lo sviluppo organizzato della giustizia arbitrale amministrata può afferire all’economia regionale e nazionale.
La costituzione di una rete di Camere arbitrali credibili (realmente interessate alla qualità del servizio) e specializzate nel contenzioso d’impresa, è un passaggio a mio avviso obbligato per la creazione di un “polo” di giustizia privata stabile, che garantisca efficienza nei tempi (che la riforma del 2006 ha eccessivamente ampliato) e qualità delle decisioni.
Solo una giustizia privata competente, celere, efficiente ed organizzata, può soddisfare quella domanda di giustizia che il mercato richiede ed assicurare un livello stabile (e non occasionale) di qualità del lodo, il cui esito sia “prevedibile” per la parte che ha ragione, sì da divenire un credibile punto di riferimento per gli operatori, costruendo nel tempo quel (necessario) rapporto fiduciario con il tessuto imprenditoriale e finanziario.
Non guasterebbe dunque la strutturazione di un sistema di giustizia privata fondato su di una reale concorrenza tra le camere arbitrali basato sulla qualità dei lodi, sui tempi di definizione, sui costi, sulla “tenuta” dei lodi in sede di impugnazione, ecc.. (ed altro) anche, se si vuole, con meccanismi di controllo (come il referaggio indipendente, forme di convenzionamento od altro), sempre valorizzando i tempi celeri di risoluzione, che sono il sale della economia contemporanea.
E’ mia opinione che se ci si spingesse a voler creare un polo di giustizia privata, istituzioni arbitrali credibili, buoni lodi e buone pratiche potrebbero “sostenere” l’auspicato incremento della domanda di giustizia privata.
La via maestra è quella di innalzare la qualità dei lodi perché di questo vi è necessità.
Questo è un risultato che l’incentivazione dell’arbitrato amministrato (più che l’arbitrato ad hoc) può far conseguire perché, almeno in via di principio, l’istituzione arbitrale dovrebbe assicurare risultati più affidabili essendo interessata ad un ritorno reputazionale che l’arbitrato ad hoc invece non produce.
Nell’arbitrato istituzionale non solo vi sono meccanismi di selezione degli arbitri, assistenza delle parti, attenzione alla qualità della decisione finale ed al costo che l’arbitro può chiedere alle parti, ma soprattutto vi è un controllo dell’Organizzazione durante il procedimento e sull’operato degli arbitri posto che gli “errori” degli arbitri si ripercuotono inevitabilmente sulla istituzione che li ha nominati
Nell’arbitrato ad hoc -a valle della designazione- non vi è più alcun controllo sull’operato degli arbitri se non quello occasionale (di un altro giudice) in fase di impugnazione. Lo stesso Presidente del Tribunale che designa l’arbitro può valutarne l’operato solo ove l’arbitrio proponga ricorso ex art.814 c.p.c.
Appare dunque auspicabile la creazione di un sistema di “giustizia privata” strutturato che riconosca un ruolo alle istituzioni arbitrali chiamate a rispondere adeguatamente ad una domanda di giustizia celere, sostenuta da una crescente consapevolezza del ruolo e delle potenzialità dell’arbitrato amministrato attraverso un percorso culturale largamente condiviso dagli operatori economici.
Sarebbe tuttavia necessaria una operazione, anche mediatica, molto più complessa di quella messa in campo per la mediazione.
Una domanda “strutturale” (e non episodica) di giustizia arbitrale non può che nascere da percorsi di sensibilizzazione dell’imprenditoria e delle categorie professionali divulgando, dunque, la cultura dell’arbitrato nella società, non solo nei ristretti ambienti dei professionisti, ma attraverso l’ausilio di professionisti della comunicazione che spieghino adeguatamente -e ad una platea più estesa- le ragioni ed i vantaggi della soluzione arbitrale delle controversie.
E’ dunque, a mio avviso, imperativo che vi siano risorse pubbliche da investire anche e soprattutto nella divulgazione della cultura arbitrale.
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